mercoledì 27 aprile 2011

Non è mai troppo tardi

Anni '60
Il Maestro Alberto Manzi è stato una delle personalità più originali della pedagogia italiana contemporanea, insignito di premi e riconoscimenti internazionali, noto al grande pubblico per aver saputo utilizzare, per primo, il medium televisivo a fini didattici per le fasce sociali più deboli grazie alla trasmissione "Non è mai troppo tardi" che, come poche altre iniziative degli anni ’60, ha contribuito all’alfabetizzazione del Paese alla soglia del boom economico.

 :Da qui

Anno 2011
E' ormai notizia diffusa, ne riprendo comunque un breve stralcio dal quotidiano Il Mattino del 12 aprile scorso

 
ROMA - Il Pdl critica i testi scolastici, specie quelli di storia, colpevoli di "gettare fango su Berlusconi" e chiede quindi una commissione d'inchiesta.

Sono 19 i deputati del Pdl, guidati da Gabriella Carlucci, secondo cui nei libri vi sarebbero frasi da vero e proprio "indottrinamento" per "plagiare" le giovani generazioni a fini elettorali. A loro giudizio i testi danno una visione della storia, specie quella attuale, asservita al centrosinistra.


Vorrei fare un parallelo con quanto accadeva in passato nel nostro paese.

La riforma Gentile (1923) 
Il Ministro della Pubblica Istruzione del primo governo Mussolini è il filosofo Giovanni Gentile. Rimane in carica dal 31 ottobre 1922 al primo luglio 1924: in questi venti mesi trasforma radicalmente tutta la scuola italiana. Per descrivere la riforma scolastica di Gentile si usa l’espressione "sistema scolastico a canne d’organo", scuole parallele separate tra loro con indirizzi separati, di lunghezza diversa, non comunicanti tra loro, con una tendenziale corrispondenza tra indirizzo di scuola e un certo ceto sociale.
 
La riforma fu varata con la legge n. 3126 del 31 dicembre 1923.

L’insieme della riforma privilegia il liceo classico:  ma non il liceo ottocentesco di tipo classico letterario, quello di Gentile è un liceo storico e filosofico con una forte svalutazione degli indirizzi scientifici. 
Un liceo in cui si insegnano la storia e la filosofia e in cui si formano i figli della classe dirigente del paese. Soltanto il classico dà infatti  libero accesso a tutte le facoltà universitarie, mentre i diplomati del liceo scientifico sono esclusi da Lettere e Filosofia e Giurisprudenza e l’istituto magistrale dà accesso solo a Magistero (scuola superiore ancora non del tutto universitaria). Vengono anche istituiti due canali scolastici senza sbocco: la scuola complementare, destinata ai modesti cittadini, e il liceo femminile, destinato a ragazze senza particolari ambizioni. 
.... La riforma Gentile prevede anche l'obbligo a 14 anni di età, sancito soprattutto per aderire ad una convenzione internazionale firmata dall’Italia qualche anno prima, ma in realtà rimase lettera morta per la maggioranza degli italiani fino al 1962-63 quando fu istituita la scuola media unica.

Nel 1928 il ministro Giuseppe Belluzzo con il Testo Unico n. 577 istituisce la Scuola di avviamento professionale al posto dei corsi post-elementari e la scuola complementare.


Il libro unico per le scuole elementari (1928)
Una tappa importante nel percorso di “fascistizzazione” dello Stato italiano è l’imposizione del "libro unico" per l’insegnamento elementare; approvato dal governo il primo novembre del 1928, a partire dall’anno scolastico 1930-31, diviene obbligatorio anche nelle scuole private.


Lo scopo del libro unico deve essere l’indottrinamento fin dalla più tenera  età del fanciullo, frequentante una scuola in cui la competenza del Ministero dell’Educazione Nazionale (questo il nuovo nome del ministero della Pubblica Istruzione) si intreccia con quello dell’Opera Nazionale Balilla, l’ente preposto all’educazione fascista della gioventù.


Diamo qualche esempio. 

Il libro di lettura per la terza elementare, Patria, scritto da Adele e Maria Zanetti, offre questa spiegazione della guerra d’Africa: 
"In Africa c’era un vasto impero, con una popolazione ancora barbara, dominata da un imperatore incapace e cattivo: l’Abissinia. E gli Abissini ci molestavano: danneggiavano, invadevano le nostre colonie e i nostri possedimenti. Questo era troppo. Fu così che il Duce decise la guerra... l’Italia è tutta con Mussolini... ferro, carta, oro, tutto dona alla Patria. La Regina, esempio a tutte le spose, offre prima il suo anello nuziale".

Vincenzo Meletti nel suo Libro fascista del Balilla, adottato nel 1934 in tutte le scuole elementari della penisola, spiega chi è Mussolini: "Mussolini, che tutti chiamano Duce e che tu puoi chiamare babbo, è un figlio del popolo, venuto dalla miseria. E’ l’uomo più grande e più buono del mondo. Egli in un decennio ha fatto diventare l’Italia la prima nazione del mondo. Con la Marcia su Roma il governo fu tolto agli uomini paurosi e fu inaugurato il Regime Fascista che durerà più di un secolo." Gli scolari erano sottoposti a questo martellamento di cui sarebbe possibile fare altre mille altre citazioni.

 
Nel 1935 quando diviene Ministro dell'Educazione Nazionale Cesare Maria De Vecchi viene introdotta una nuova materia, obbligatoria in tutte le scuole secondarie, inferiori e superiori: la "cultura militare". Trenta ore di insegnamento all’anno, impartite da ufficiali della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale, per forgiare lo spirito guerriero.

Fra il 36 e il 38 vengono pubblicati da Mondadori "Il primo e il secondo libro del fascista" : un vero e proprio catechismo politico per le scuole elementari e medie. Il primo elenca tutto ciò che un bambino deve sapere sulla storia e le istituzioni del regime. Il secondo si concentra sull'ordinamento razzista. Sullo schema dei formulari del catechismo cattolico, una comunicazione semplice e autoritaria organizza il consenso popolare di massa secondo un modello fideistico-dogmatico. Alla domanda "Perché il Duce è il fondatore dell'impero?" il giovane balilla rispondeva: "Perché condusse e vinse, contro il divieto di una coalizione di cinquantadue Stati, la più grande guerra coloniale che la storia ricordi, che Egli intuì, volle e diresse per il prestigio, la grandezza, la vita della Patria fascista".

 
Più oltre, nella sezione dedicata alla famiglia e alla razza, alla domanda se fosse ammesso, per il fascista, rimanere celibe, si rispondeva: "la legge fascista colpisce moralmente e materialmente il celibato ingiustificato con una tassa sui celibi e una serie di disposizioni, per le quali i celibi non possono ricoprire cariche pubbliche".

.............

La Carta della scuola (1939)
La riforma Gentile non fu comunque particolarmente amata dai fascisti per il suo carattere fortemente selettivo ed elitario che escludeva la media e la piccola borghesia. E soprattutto perchè ritenevano che fosse una riforma di matrice liberale e che quindi avrebbe rallentato il processo di "fascistizzazione" della società e dello Stato.

Intanto le leggi razziali del 1938 hanno allontanato dalla scuola tutti gli studenti di origine ebraica e inasprito i controlli sui libri di testo.

È Giuseppe Bottai l'autore di una riforma della scuola davvero fascista. 


Nel 1939, quando era Ministro da già due anni Giovanni Bottai presenta a Mussolini e al Gran consiglio del fascismo la Carta della Scuola, un vero e proprio piano regolatore del sistema scolastico. Insieme alla "Carta del lavoro" e alla "Carta della Razza" doveva essere uno dei documenti fondamentali su cui si doveva fondare il modello sociale fascista. 
Le principali novità rispetto al sistema gentiliano è l’introduzione di nuove scuole. Al biennio superiore della scuola elementare viene cambiato nome in “Scuola del lavoro”. La scuola media invece prevede tre filoni:1) la scuola professionale per chi era destinato ad essere inserito nel ceto impiegatizio; 2) la scuola artigiana per gli alunni dagli 11 ai 14 anni, destinata ai bambini provenienti dalle classi operaia e contadina, e 3) l’istituzione della scuola media con l’insegnamento del latino, per chi doveva essere avviato agli studi superiori.  
 " La scuola fascista , per virtù dello studio concepito come formazione di maturità attua il principio di una cultura del popolo ispirata agli eterni valori della razza italiana”.

Anche a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, i principi espressi nella Carta rimasero largamente inattuati, ad eccezione della legge del 1940 che creava la Scuola media, triennale, unificando i corsi inferiori dei Licei, degli Istituti Tecnici e degli Istituti Magistrali, ma lasciando permanere un secondo canale costituito dalla Scuola di Avviamento professionale.

Il secondo dopoguerra
Negli anni tra il 1943 e il 1945 non esiste sul territorio italiano una sola autorità per il sistema scolastico: abbiamo il Regno d’Italia al Centro Sud, con il suo ministro dell’istruzione ma anche la Commissione Alleata di Controllo del colonnello Washburne; al Nord coesiste la Repubblica Sociale Italiana che ha il suo ministro dell’Educazione Nazionale.
 
Nella seconda metà degli anni Quaranta, con una serie di provvedimenti rimasero in vita la legislazione gentiliana e quella di Bottai e si venne a delineare un’architettura scolastica ibrida. La scuola elementare tornava ad essere secondo il modello strutturale di Gentile ma con programmi dettati dalla Commissione Alleata di Washburne, che rimasero in vigore dal 1945 al 1955.

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Nel 1951, l’analfabetismo in Italia è ancora un grave problema a quota 13%, contro il 4% della Francia e il 2% della Gran Bretagna, l’1% della Germania. Nel 1955 la scuola elementare viene dotata di nuovo programmi maggiormente ispirati al cattolicesimo. L’educazione religiosa diventa fondamento e coronamento di tutta l’istruzione elementare. Per la maggior parte degli alunni l’orario scolastico inizia e finisce con una preghiera. ...............

 La televisione
A cambiare tutto arrivano l'automobile e il televisore. Questi strumenti più di altri  cambieranno l'Italia. Quando la Rai inizia le trasmissioni (3 gennaio 1954) gli abbonati sono solo ottantottomila; nel giro di quattro anni saranno più di un milione. 

La televisione è un monopolio dello Stato e diventa in breve uno strumento straordinario di unificazione linguistica del paese, specie per i ceti meno istruiti. La televisione contribuisce diffusione di una lingua media, un compito che la scuola non è riuscita a realizzare. 
Secondo Starnone: "La lingua che arriva attraverso la televisione è così fortemente standardizzata da perdere la qualità espressiva che avevano i dialetti. I dialetti durano perchè sono l'area dell'espressività. La lingua della televisione è quella della comunicazione formale che serve per parlare con il Sindaco, e con il parroco".

Già agli inizi degli anni Sessanta la televisione è così popolare e diffusa in Italia che il Ministero della Pubblica Istruzione decide di utilizzarla per supplire alle carenze del sistema scolastico.

Nasce Telescuola (1954)  che offre a tutti coloro che per mancanza di scuole secondarie nei luoghi di residenza sono stati costretti a interrompere gli studi dopo la quinta classe elementare. Grazie a Telescuola gli studenti possono inviare gli elaborati a una commissione e dopo un esame conseguire un diploma di scuola media.

La diffusione degli apparecchi televisivi non è ancora capillare. Per ovviare a questo problema e, al contempo, per creare un supporto di mediazione tra le videolezioni e gli studenti, vengono istituiti 1.626 posti di ascolto di telescuola (PAT) in cui un coordinatore segue e supporta lo svolgimento delle lezioni via etere

Accanto a Telescuola c’è il successo di un programma televisivo come Non è mai troppo tardi, con l’indimenticabile maestro Manzi che offre corsi di istruzione popolare per adulti analfabeti. Il successo e l’efficacia di questo programma sono straordinari. Nel 1968 la trasmissione viene sospesa poiché è notevolmente aumentata, rispetto a otto anni prima, la frequenza alla scuola dell’obbligo.


Dal sito La Storia siamo noi Rai

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