sabato 26 marzo 2011

Poesia in prosa

Il piccolo principe strappò anche con una certa malinconia gli ultimi germogli dei baobab. Credeva di non ritornare più. Ma tutti quei lavori consueti gli sembravano, quel mattino, estremamente dolci. E quando innaffiò per l’ultima volta il suo fiore, e si preparò a metterlo al riparo sotto la campana di vetro, scoprì che aveva una gran voglia di piangere.

 "Addio," disse al fiore.

Ma il fiore non rispose.

"Addio," ripeté.

Il fiore tossì. Ma non era perché fosse raffreddato.
"Sono stato uno sciocco," disse finalmente, "scusami, e cerca di essere felice."

Fu sorpreso dalla mancanza di rimproveri. Ne rimase sconcertato, con la campana di vetro per aria. Non capiva quella calma dolcezza.

"Ma, sì, ti voglio bene," disse il fiore, "e tu non l’hai saputo per colpa mia. Questo non ha importanza, ma sei stato sciocco quanto me. Cerca di essere felice. Lascia questa campana di vetro, non la voglio più."

"Ma il vento…"

"Non sono così raffreddato. L’aria fresca della notte mi farà bene. Sono un fiore."

"Ma le bestie…"

"Devo pur sopportare qualche bruco se voglio conoscere le farfalle, sembra che siano così belle. Se no chi verrà a farmi visita? Tu sarai lontano e delle grosse bestie non ho paura. Ho i miei artigli."

E mostrava ingenuamente le sue quattro spine. Poi continuò:

"Non indugiare così, è irritante. Hai deciso di partire e allora vattene."

Perché non voleva che io lo vedessi piangere. Era un fiore così orgoglioso…

(Antoine de Saint-Exupéry " Il Piccolo Principe" -  Editore Bompiani)

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