martedì 1 marzo 2011

Carnevale e maschere

Non è che mi sia piaciuto mai in modo particolare il Carnevale, neppure quando ero bambina. 
Mi sono divertita molto di più quando mia figlia era piccola. Sembrava uno scambio di ruoli: lei, mia figlia, osservatrice, seria con il suo costume; io, scatenata a tirare e ricevere coriandoli, caramelle ecc...
Comunque,  oggi, primo giorno di marzo, vorrei riproporre un mio post, scritto nel 2009 a proposito delle origini della Maschera.
E' questo che  riporto qui:


L'essere umano non avrà tardato molto a mascherarsi.

Nei paesi più freddi era necessario difendersi con le pelli dal gelo, ma anche la festa, cioè il proposito di stupire e spaventare, probabilmente, spingevano l'uomo a travestirsi.

Poi c'era la paura degli esseri soprannaturali e maligni, il desiderio di esorcizzare le loro forze ignote e temute, mascherandosi da demone.

Nasceva un rituale e la "maschera" vi occupava un posto importante. 


Il travestimento comprendeva tutto il corpo, ma soprattutto si aveva cura di renderlo orrido, grottesco, o buffo il volto.

Mascherarsi diventò, con l'andare del tempo, una pratica anche raffinata.

Nelle feste carnevalesche, dove il rito propiziatorio e il gusto di travestirsi, si combinano, la maschera trovò la sua naturale collocazione, che si estese anche al teatro - e, più precisamente alla commedia dell'arte.

Qui, la stessa parola - maschera - venne ad acquistare un altro senso: quello di tipo fisso, che ritorna uguale a se stesso in rappresentazioni diverse, impersonato anche, ma non sempre, dallo stesso attore, con abiti, gesticolazione e, soprattutto fondamentale, la psicologia - sempre uguali.

La commedia dell'arte è commedia di maschere, recitata all'improvviso o a soggetto o a braccio.

Nei paesi stranieri, dove subito (nel XVI secolo) venne esportata, venne chiamata più semplicemente italiana e italiani furono gli Arlecchini, i Brighella, i Pantalone, i Pulcinella.


Come c'è stata una "via delle spezie" o una "via della seta", non si può escludere che vi sia stata anche una "via delle maschere".

La foglia che copriva il volto, il colore riportato e la macchia, l'annerimento - come si rileva nei riti tribali africani e polinesiani; poi la corteccia e la fibra in cui si può disegnare, finché non arrivano il cuoio e il legno - in uso prima in Oriente, poi nel teatro greco-romano, fino alla danza mascherata coreana del Pong-san, corrispondono alla maschera di cuoio e al vestito a pezze di Arlecchino, alla deformazione di Pulcinella, alla parlantina ed alle polemiche giocose o semiserie di Brighella, del Dottore e di Pantalone.

E' un viaggio quindi ammissibile, quello della maschera dall'Oriente alla nostra penisola.


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