venerdì 5 dicembre 2008

Dioniso e Apollo

Gli antichi, come le tribù primitive prima di loro e dei giorni nostri, concepivano l'esistenza come una equazione, in cui gli opposti si fondono in un'unica equivalenza e non a modo nostro, come una dialettica di concetti che si escludono tra di loro.

Apollo non era, all’inizio, il contrario di Dioniso, bensì l’altro aspetto, e questi due dei, insieme, davano espressione alla realtà esistenziale percepita dai Greci

Le pulsioni incontrollate, personificate da Dioniso, non rappresentavano un polo morale, o meglio, come si direbbe oggi, immorale, bensì erano accettate per quello che sono: una parte del proprio sé.

Era l’altra faccia della moneta di Apollo.

La scissione di un unico concetto, sintesi di questa realtà esistenziale, in due parametri divergenti fino all’antitesi, è uno sviluppo posteriore che porterà al platonismo e, infine, all’idea di bene e male del cristianesimo, che sarà il culmine di questa evoluzione.

Dioniso aveva aspetti molto diversi. In forma umana lo si rappresentava con una maschera barbuta.


Il dio era l’antitesi della bellezza apollinea dalle proporzioni plastiche perfette, e rappresentava gli eccessi, l’ebbrezza, la sfrenatezza, la perdita di controllo e l’orgiastico. Durante le feste in suo onore le Bacchanalia (Dyonisia), le donne abbandonavano le proprie famiglie, andavano sui monti vestite di pelli di fauno e gridavano “Euoi”, il grido rituale .
Danzavano alla luce di fiaccole al ritmo del flauto e del tympanon.


Mentre erano sotto l’ispirazione del dio avevano forze occulte, l’abilità d’incantare i serpenti, e forze sovrumane che permettevano loro di dilaniare animali vivi e sbranarli.

L’ebbrezza di Apollo, invece - quella di cui Nietzsche parla, non è la stessa ebbrezza di quella dionisiaca, quella bestiale che si traduce nel grido orgiastico dell’orgasmo, ma quella della contemplazione, uno stato di godimento celestiale, paradisiaco....

Il concetto di una sublimazione che canalizza le energie dionisiache distillandole e depurandole fino al raggiungimento della loro meta, questa volta verso l’esterno invece che compressa verso l’interno, era stato sintetizzato da Nietzsche nella formula “ebbrezza di Apollo”.

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